Restauro della “Scultura blu”

La Scultura blu di Massimo Fagioli

Disegno di Massimo Fagioli
Realizzazione Fonderia Artistica Anselmi

CENNI STORICI

La scultura nasce da un disegno dello psichiatra Massimo Fagioli realizzato in ambito privato il 27 luglio 1999, come ci racconta lo stesso autore nella conferenza stampa tenutasi il 22 novembre 2005. Fu chiamata sin da subito Scultura blu, anche se «non c’era ancora l’idea di farne una scultura». Dal disegno vennero poi elaborati un primo esemplare in ceramica, ad opera di un’artigiana, ed altre tre opere in legno, filo di ferro e filo di rame dell’altezza di 70 cm circa, realizzate da Pino Petrelli con la collaborazione di Stefano Cottarelli. Queste opere in formato ridotto sono attualmente di proprietà privata. La fusione a cera persa della scultura alla scala definitiva venne effettuata nel 2000 dalla Fonderia Artistica Anselmi di Roma sotto la supervisione di Massimo Fagioli insieme all’architetto Gianni Velli. La fusione rappresenta, nella parte tracciata «con tratto grosso, come di pennarello», una donna che partorisce … «mentre con la matita numero tre, più sottile,» l’autore ha «fatto l’altra parte che corrisponde a due immagini… quella di un uomo, che stava dietro la donna, e l’altra, quella della testa di un bambino».

L’opera è in bronzo nella parte principale e in rame nelle parti più sottili che raffigurano l’uomo e la testa del bambino. La freccia rossa in ferro, fatta aggiungere in un secondo tempo dall’autore, va a rappresentare una sua storia personale. La scultura presenta incisa nella parte inferiore il nome di Massimo Fagioli e la data di realizzazione.

Dal 17 novembre del 2005, per interessamento dell’allora preside della Facoltà di Studi Orientali dell’Università di Roma “La Sapienza, Prof. Federico Masini, venne collocata nel cortile della sede della stessa Facoltà, in via Principe Amedeo, 184. Dall’ottobre 2016, la Scultura blu si trova nella nuova sede del Dipartimento Istituto di Studi Orientali-ISO, attualmente diretto dal Prof. Franco D’Agostino, presso il Palazzo Marco Polo, Viale dello Scalo di S. Lorenzo, 82.

Il disegno dell’autore è andato a rappresentare l’espressione massima di una lunga ricerca che indaga il nesso tra la ragione e tutto ciò che non è ragione, tra linguaggio articolato e immagini, tra pensiero occidentale e pensiero orientale, nesso legato al rapporto uomo donna.

Come ha detto Massimo Fagioli nella conferenza citata spiegando il significato dell’opera «si è costituita una storia per la quale la formazione della scrittura, corrisponde alla realizzazione dell’identità umana come ragione, come razionalità. E lì si sono determinate due grandi scissioni. Una è il rapporto tra uomo e donna, per cui la razionalità è diventata caratteristica dell’identità maschile… altra grande scissione» è quella «tra ragione e irrazionale»

Il «pensiero senza coscienza è fatto sempre di immagini, non c’è il linguaggio articolato… Questo raggiunge il massimo nell’artista, che fa le cose senza ragione, fa le cose senza il pensiero verbale, senza il linguaggio articolato, anche quando si tratta di letterati e di poeti … perché fatto di immagini irrazionali …

… questo modo di essere e di fare senza prestabilire niente a priori è un pensiero orientale. È il pensiero occidentale che stabilisce prima quello che uno deve fare e come deve fare …

…sono 2600 anni che il rapporto uomo donna è stato distrutto proprio da questa ragione occidentale, per cui la donna è diventata un essere inferiore.»*

 

PROGETTO DI TUTELA RESTAURO E VALORIZZAZIONE

Il progetto intende salvaguardare e valorizzare l’opera artistica del suo ideatore, lo psichiatra Massimo Fagioli, attraverso azioni concrete di tutela, conservazione, restauro e valorizzazione della stessa, in tutti i suoi aspetti conoscitivi e tecnici.

Ad una prima fase, ineludibile, di schedatura inventariale normata sul modello catalografico in uso all’ICCD, corredata da una documentazione fotografica pertinente, il gruppo Scultura Blu facente parte del Gruppo Tutela, Laboratorio Arte e linguaggi della FMF, ha proceduto all’acquisizione dei dati conoscitivi relativi all’opera mediante sia la raccolta di informazioni storiche e tecniche della sua realizzazione, anche basandosi su testimonianze verbali di coloro che hanno partecipato alla sua esecuzione artistica, sia documentandosi sulle pubblicazioni esistenti e presentazioni fatte in varie occasioni nel corso degli anni.

Per una corretta informazione e restituzione documentaria all’autore si è pensato all’apposizione di una targa, presente originariamente alla base della scultura e successivamente scomparsa, contenente i dati essenziali dell’opera stessa, compresa l’attuale proprietà, e un QRcode che rimanda ad un’informazione più articolata sulla storia e i contenuti della sua genesi. Inoltre, per restituire una buona leggibilità dell’opera, che presentava depositi incoerenti di polveri da smog e residui organici, oltre incrostazioni calcaree e parti corrose, si è proceduto ad una prima fase di pronto intervento conservativo che ha previsto la spolveratura a secco della superficie della scultura e la rimozione dei depositi superficiali accumulati negli anni a causa della sua collocazione “en plein air” nelle due sedi del Dipartimento di Studi Orientali dell’Università la Sapienza di Roma.

La realizzazione di questi due primi interventi di tutela della scultura si possono considerare propedeutici ad un eventuale fase successiva di completo restauro dell’opera, a cui potrebbe essere affiancata anche una riqualificazione del contesto ambientale. 

Inoltre, proprio per la sua valenza culturale e storico-artistica, potrebbero essere previsti in un futuro eventi culturali diversificati ad essa collegati organizzati in partenariato tra la FMF, Enti Pubblici e privati con progetti di studio in vari ambiti aperti anche alla partecipazione degli studenti e della cittadinanza.

* I virgolettati riportano frasi di Massimo Fagioli tratte dalla conferenza stampa tenutasi il 22 novembre 2005 presso l’Aula magna della Facoltà di Studi Orientali in Il sogno della farfalla, L’asino d’oro Edizioni, 1/2006, p. 9-15