Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne — 25 novembre 2025

Il pensiero della Fondazione Massimo Fagioli

La legge n. 1433/2025 introduce nel codice penale italiano il reato di femminicidio il quale stabilisce che: Chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di odio o di discriminazione o di prevaricazione o come atto di controllo o possesso o dominio in quanto donna, o in relazione al rifiuto della donna di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali è punito con la pena dell’ergastolo (art. 577-bis c.p.).

Questa appare una delle definizioni più estese di un fenomeno che ha avuto da sempre delle difficoltà di definizione. Precedentemente, in assenza di una disposizione normativa interna o sovranazionale, nella Delibera del Senato della Repubblica del 16 ottobre 2018 (G.U. del 25 ottobre 2018 n. 249) che ha istituito la Commissione parlamentare d’Inchiesta sul femminicidio, questo reato veniva definito come l’uccisione di una donna basata sul genere, intendendo per “motivi di genere” o il rifiuto della vittima di un ruolo sociale impostole da un uomo per il solo fatto di essere donna o la condizione di soggezione e oppressione alla quale era stata sempre costretta. Con l’introduzione del reato di femminicidio, l’Italia adempie agli impegni internazionali derivanti dalla Convenzione di Istanbul del 2013, che ha sollecitato gli Stati a riconoscere nella violenza contro le donne una grave lesione dei diritti umani imponendo loro misure legislative contro la violenza di genere.

L’attuale orientamento giurisprudenziale e culturale tende a individuare nei motivi di genere e nella cultura patriarcale i principali moventi alla base della violenza contro le donne e dei femminicidi. Seguendo questo filo di pensiero, si potrebbe arrivare alla conclusione che il femminicida possa essere chiunque intorno a noi, uno qualsiasi dei nostri compagni di classe o dei nostri colleghi di lavoro, un uomo “educato malamente”, violento per natura, incline all’odio e alla sopraffazione delle donne. Certamente questo tipo di atteggiamento e di incapacità di rapporto affettivo e di reale interesse esiste nei riguardi delle donne ed è tutt’ora molto diffuso nella nostra società.

Esistono delle idee sulla realtà umana che a livello sociale opprimono le menti ed ottundono i pensieri, e sicuramente i condizionamenti culturali impediscono lo svolgimento spontaneo ed affettivo delle relazioni interumane. In particolare, le culture razionale e religiosa hanno da sempre negato alla donna una identità di essere umano uguale all’uomo, pur nella diversità. È stata sempre considerata inferiore mentalmente, carente di raziocinio, tentatrice e pericolosa per la razionalità maschile, incasellata nei ruoli fissi di moglie e madre da una parte e di amante dall’altra.

La donna che decide di ribellarsi a tutto questo, di realizzarsi liberamente nelle proprie aspirazioni e in una relazione con un uomo che rispetti e favorisca la sua identità, viene considerata lesiva per il pater familias, padrone assoluto di altri esseri umani considerati alla stregua di oggetti. Ci si potrebbe chiedere quanto queste idee siano espressione di sanità mentale e quanto siano sufficienti a determinare un agito disumano e irreversibile come un omicidio.

In certe situazioni deve esserci qualcosa in più, un quid plus che riguarda il singolo caso. La psichiatria si deve sicuramente occupare di quei casi in cui la violenza omicida è scatenata e conseguente alla proposizione di separarsi da parte della donna, separazione da un rapporto già di per sé malato e violento, in cui dinamiche profonde e non coscienti sono implicate. Solo la conoscenza e la visione profonda della realtà interna dell’altro e delle dinamiche di rapporto violente potranno rappresentare per la donna la strada per liberarsi non solo da un’oppressione, ma soprattutto da un rischio grave per la propria incolumità e per la propria vita.

 

Consiglio Scientifico d’Indirizzo
Fondazione Massimo Fagioli ETS